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Trash-icon: i look di Alessia Marcuzzi al Grande Fratello

Prima Roberto Cavalli, poi Donatella Versace, la povera Alessia Marcuzzi non trova proprio pace in fatto di moda e il risultato è un continuo cambiamento di stili che portano ad un sempre più evidente disastro. Una bella ragazza, forse a volte un pò troppo sguaiata e dalla bocca larga, ma se Julia Roberts ha fatto del suo grande sorriso un arma vincente, l’Alessia nazionale può sperare nel medesimo effetto; e forse è questo ad averla portata, per l’ennesima volta, negli studi del Grande Fratello dove però, inutile negarlo, non regna di certo l’eleganza. Il punto è però che la collezione di Donatella Versace propone anche abiti e minidress tutt’altro che orrendi, ma allora perchè tanta cattiveria nel vestire la Marcuzzi?

Il primo abito è l’esempio più lampante. In passerella il particolare dettaglio intorno al collo avrà pure un suo perchè, ma in studio la Marcuzzi sembrava circondata dalla pelle morta di un serpente, un effetto raccapricciante. Nel secondo caso il minidress dalla scollatura a cuore è diventato a fascia e senza cintura banalizzando il modello. Mi chiedo inoltre perchè ad una donna alta, bionda, magara e dalle giuste forme, vengano molto spesso propinati abiti neri, banali e noiosi.

Senza commento l’abito oro che sulla modella ha un certo fascino (seppure non ami questo genere di materiali utilizzati da Versace) ma indosso alla Marcuzzi metteva in risalto la pancia rischiando l’effetto scoop per una gravidanza inesistente. Sul secondo abito ho qualche dubbio, non ricordo con certezza d’averlo visto indosso alla presentatrice, ma se così non fosse potremmo aspettarcelo, giusto per gradire un altro po’ di cattivo gusto.

Maglie monospalla e pantaloni neri che suggeriscono sempre il medesimo impatto visivo portando a chiedersi “ma è vestita come Lunedì scorso?“, ma che soprattutto annoiano. Minidress (troppo mini per una presentatrice un pò goffa che si ritrova a mostrare l’intimo a tutta italia) ricoperti di paillettes che fanno tanto ragazza cubo, mono orecchini che non si vedevano dalla fine del XX secolo, fino ad abiti che sembrano essere stati raccattati all’ultimo minuto senza nemmeno provarli, stampe retrò (per non usare il più brutale aggettivo “desuete”) e tanti altri disastri uno dopo l’altro.

Autore: Sonia Grispo

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