Da bambina adoravo giocare con le Barbie, avevo un sistema, un metodo di gioco, tutto mio. Non improvvisavo, non inventavo storie assurde e sempre diverse, i miei personaggi avevano delle storie, un solo nome, un’unica professione, una vita. C’era la modella, il medico, l’avvocato, il cantante, persino lo spacciatore, la ragazza facile e l’ex attore che si era dato all’alcool per via di un brutto incidente. Mia nonna a volte si prendeva l’incarico di lavare il mio “sacco dei vestiti”, con dentro centinaia di abitini e me li restituiva perfettamente stirati. I pantaloni di Ken avevano persino la piega che formava la classica righina frontale. Acquistavo sempre nuovi vestiti in un negozio che adesso non c’è più che vendeva centinaia di completi, vestiti e accessori che Mattel metteva in commercio per mettere in crisi le bambine come me.
Ad ogni modo è stato sulla base di questi ricordi della mia infanzia, riaffiorati qualche giorno fa, che ho pensato a quanto sarebbe stato bello, o forse no, seguire sin da bambina la moda, conoscere le nuove tendenze e adattarle alle Barbie, giocando a realizzare per loro abiti ispirati a quelli dei grandi designer. Magari avrei provato già allora a far indossare a Barbie gli abiti che Lanvin ha disegnato per H&M, come quelli che vedete qui in foto; mi sono divertita a giocare come con le paperdoll vestendo Barbie con i miei abiti preferiti della collezione. Ma forse, anzi certamente, è stato meglio così. Non oso immaginare come le bambine d’oggi e quelle di domani giocheranno con le bambole, se ancora lo faranno, già influenzate da passerelle, riviste e tv.