Moda

L’effetto armocromia sulla mia vita, il mio stile ed il mio shopping in palette

armocromia come trovare la propria palette

È gennaio 2019 quando su Instagram qualcuno mi chiede “qual è la tua stagione?” ed io mi spertico nella spiegazione del perché preferisco la primavera ma anche l’autunno, quelli veri, che belle le mezze stagioni… Solo dopo capisco he quella ragazza si riferisce ad una cosa chiamata armocromia e mi dice che in Italia a farne parlare è Rossella Migliaccio.

Un tag tira l’altro ed è inizio febbraio, dopo un’intervista per un programma tv a Brescia torno a Milano, dove mi trovo per lavoro e raggiungo lo studio di Rossella per una consulenza, dietro suo invito. Non so cosa aspettarmi, ho provato alcuni dei suoi test nelle Storie e non ho azzeccato quasi nessuna risposta, mi chiedo se mi sentirò come i protagonisti di quel vecchio programma con Enzo Miccio, se uscirò distrutta da quell’incontro o elettrizzata come le persone che mi hanno scritto su Instagram dopo aver anticipato che avrei fatto la consulenza. Dopo un primo dubbio “sarà forse summer soft?” tirati fuori i drappi non ci sono dubbi, Rossella decreta: “è autunno soft”. Nessuna incoronazione e nessun “tagliaaaatele la testa!” perché durante la consulenza indosso il nero, uno smalto rosso freddo ed ho i capelli “troppo schiariti” e a contrasto (e adesso capisco perché ero uscita dal parrucchiere non del tutto sicura). Dopo avermi spiegato nel dettaglio in cosa consiste la “mia stagione”, mi consegna fra le mani la mia palette, la saluto grata di quell’ora di immersione in un mondo a me sconosciuto e torno al mio hotel.


Dopo aver scoperto la mia stagione

Nessuno mi ha detto cosa non indossare, cosa non mi dona o peggio mi sta male. Nessuno ha urlato “ma come ti vesti?” o mi ha detto di buttar via tutti i miei vestiti e cominciare da zero. Nei negozi non mi hanno bloccato l’accesso ai reparti con abiti non del mio colore (quanto sarebbe utile se esistessero?!). Ho ascoltato curiosa la spiegazione del sottotono e quelle robe lì, capito che la mia pelle emanava qualcosa di caldo e dorato e per questo all’oro bianco preferisco quello giallo, che certi colori mi illuminano più di altri, che non si tratta di stare male con qualcosa, ma di stare molto meglio con altro, un meglio che non è soggettivo ma ha una logica abbastanza chiara, che mi ricorda un po’ l’ora di educazione artistica a scuola, con la tabella dei colori. È qualcosa che noti ad occhio nudo se qualcuno te la spiega, non è fede nella palette, è qualcosa di tecnico. Rossella mi ha detto che istintivamente avevo già trovato la strada verso la mia palette e che “ero in palette prima della palette”. La verità è che ho trascorso anni a comprare per moda e per tendenza, a sforzarmi di provare il color block, i colori fluo, il ritorno degli anni Novanta, per poi vedermi grigia, spenta, notando “qualcosa non tornava”, senza sapere cosa fosse, sentendomi a disagio io nei vestiti che avevo comprato, spendendo soldi inutilmente. Mi chiedevo perché quella giacca verde acqua brillante che stava così bene a quella ragazza, su di me rendeva diversamente, non trovavo il mio stile ma cercavo di trovarmi in quello di altri. Tornata a casa non ho dato fuoco al mio armadio, non ho salutato il nero, né ho stravolto il mio modo di vestire, ho continuato a vestirmi come prima, seguendo il mio istinto e gradualmente ho cominciato ad ignorare sempre di più quei capi che nel corso di vari traslochi e decluttering avevo conservato (con riserva) e che avevo appena scoperto non essere in palette, colori che occupavano una sempre più piccola parte del mio armadio e di cui mi sono liberata alla prima occasione, fra donazioni e regali alle amiche (della giusta palette).

Foto di qualche anno prima la scoperta della mia palette. Qualcuno di voi dirà “ma non stavi male vestita così”, non si tratta infatti di essere malvestiti, ma di poter stare “meglio”.

Non trovavo il mio stile ma cercavo di trovarmi in quello di altri.

Come è cambiato il mio stile

Ho cominciato a consultare la palette che mi è stata affidata e lo faccio ancora oggi, per scegliere nuovi capi e non dimenticare di variare (anche se i beigiolini arrogantemente predominano oggi nel mio armadio). Così come gradualmente sono diventata vegetariana, gradualmente – ma molto più rapidamente – mi sono avvicinata una palette che ho scelto di ascoltare perché, mettendola alla prova, mi ha resa libera. Libera dalle tendenze e dalle mode forzate, libera di indossare quello che amo a prescindere da cosa detti lo stilista del momento, libera di trovare una moda fatta per me, non di adeguarmi alla moda, libera di trovare il mio stile. Mi sento più me stessa di prima, mi sento molto poco fashion addict e ho cambiato il mio approccio verso la moda: deve essere lei a fare per me, non io per lei, è lei che mi delude se non propone capi e colori fatti per me (e qui entra in gioco anche la body shape, ma è un altro discorso), non mi sento io inadatta. Ed è cambiato radicalmente il mio modo di fare shopping.

Come è cambiato il mio modo di fare shopping

Compro meno e meglio, sono più rapida perché filtro per colori sui siti, senza perdermi fra colori che non rispondono alle mie esigenze, nei negozi è meno facile, ma se devo fare un acquisto importante – esempio un cappotto – metto in borsa la mia palette come un santino e la mostro al personale in negozio o la accosto ai capi per controllare che il colore sia giusto. Non è un limite, è uno strumento, che io decido se e quando usare. Se dovessi innamorarmi di un cappotto giallo fluo e mi piacesse non mi porrei problemi a comprarlo (ma se succede per favore chiamate la mia famiglia, perché è evidente che ho perso la testa). Ho imparato l’arte del compensare: nero, bianco e colori un po’ troppo freddi li compenso con make-up, accessori e gioielli oro e caldi, più vicini al volto, per compensare appunto e devo dire che questo gioco di equilibri funziona per me. Se qualcuno mi dice “bello questo vestito che indossi, ma è in palette?” rispondo che forse non lo è ma piace a me e credo sia sempre la risposta giusta. Perché il bello dell’armocromia è che nessuno bussa alla tua porta per fare un censimento degli autunno soft o degli inverni brillanti, ma sei tu a decidere se e quando farti fare una consulenza, che si chiama appunto consulenza e non esame o giudizio, nessuno ti da un voto su quanto tu sia bravo a vestire in palette, né ti tatua la tua stagione sul braccio, puoi decidere di non fare una consulenza o di farla e non ascoltare ciò che ti viene detto, puoi scoprire la tua palette e scegliere di ignorarla o ascoltarla solo in parte o puoi decidere di vivere una vita in palette, stravolgere la tua casa, il tuo guardaroba ed il makeup, quello che ti rende felice, solo quello che ti rende felice.

Foto a confronto: a destra non in palette, a destra in palette

Conclusioni

Sembra romanzata ma è andata così la mia storia con l’armocromia. Ogni tanto mi sfido ad aggiungere colori che in teoria non mi hanno mai attratta ed in pratica mi donano più di altri, non ho abbandonato il nero del tutto, per la sera, per alcune occasioni importanti, resta il mio passe-par-tout, il little black dress è ancora la mia ancora di salvezza quando non so cosa indossare per un cocktail o un evento, il chiodo di pelle nera è ancora lì, la quota nera del mio guardaroba è circoscritta ma presente ed è una decisione che ho preso con consapevolezza nel tempo. Non sono una fanatica della palette – ma ce ne sono tanti lì fuori, lo so – se un colore mi piace lo indosso sapendo che nessuna fashion police mi multerà per questo, non mi sento etichettata dall’armocromia, aver dato un nome ai miei colori, alla predominanza di certo toni/sottotoni, mi ha aiutata e mi aiuta ad individuare capi che possano valorizzarmi, illuminarmi, rappresentarmi al meglio, perché in fondo è questo dovrebbe fare la moda no? Parlare di noi, non per noi.

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