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#Blog – La questione “plastica” ed il rischio di far diventare l’ecosostenibilità antipatica

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L’ho visto succedere con i vegani ed il rischio che succeda anche con chi parla di eco-sostenibilità è alto: trasformare un impegno etico in qualcosa di fastidioso e antipatico. Personalmente non ho mai conosciuto, visto o letto un vegano intento a convertire qualcuno, ma ho letto tante battute, meme e vignette sul tema che hanno reso i vegani antipatici o ridicoli sui social. E sto iniziando a sentire parlare di “talebani della plastica” e “fissati con l’ambiente”, sto leggendo titoli di giornale che sfottono una bambina che è simbolo di una svolta e sto notando atteggiamenti confusi di chi forse pensa di far bene, ma sta sbagliando il metodo.

Non possiamo permetterci di far diventare l’ecosostenibilità antipatica, non possiamo permetterci che accada perché il pianeta in cui viviamo tutti, vegani, animalisti, onnivori, carnivori, pescetariani, ambientalisti, persone sensibili al tema e non, è lo stesso. In questa partita giochiamo tutti insieme, è come la battaglia della Lunga Notte fra l’esercito dei non morti e quello dei vivi (dove Cercei rappresenta la categoria degli strafottenti in questo caso), se non siete fan di Game of Thrones mi scuso per il riferimento che non coglierete. L’emergenza c’è, bisogna agire in fretta, ma se ci avessero insegnato ad andare in bici togliendoci le rotelle la prima volta saremmo caduti rovinosamente. Ma soprattutto ogni bambino toglieva le sue di rotelle, non quelle degli altri.

Anne Marie Bonneau ZeroWasteChef quote

Non abbiamo bisogno di una manciata di persone che facciano zero sprechi perfettamente. Abbiamo bisogno di milioni di persone che lo facciano in modo imperfetto.

Siamo tutti nella stessa squadra ed il nemico comune sono le cattive abitudini a cui ci siamo abituati negli ultimi anni. Ad usare la plastica per ogni cosa, anche quella superflua, a non leggere le etichette dei vestiti, a gettare a caso quello che utilizziamo, a comprare i prodotti senza far caso a come sono confezionati, a struccarci nella maniera più comoda che spesso è quella più inquinante, a buttare nello sciacquone nel water o nella spazzatura qualunque cosa pensando che così svanisca. Siamo cresciuti in famiglie che non erano consapevoli e non era colpa loro, siamo cresciuti in un mondo in cui ci hanno proposto sempre nuovi prodotti, nuove confezioni, nuove cose da utilizzare in cucina: i sacchetti di plastica per conservare la verdura in freezer, la pellicola per avvolgere gli avanzi, la carta stagnola, i sacchetti di plastica, i cotton fioc, i dischetti di cotone struccanti, le salviettine struccanti, i kleenex, gli assorbenti igienici, i bicchieri e i piatti di plastica, il rotolone da cucina… a prezzi sempre più bassi, più convenienti, che comprarli conviene sempre di più ed utilizzarli in abbondanza anche.

Non è colpa nostra, è colpa di tutti

La colpa della situazione attuale è di chi ha inventato dei prodotti senza avvisarci dell’impatto ambientale a lungo termine, di noi che ne abbiamo abusato. Adesso però non possiamo fingere di non sapere, adesso quel che è fatto è fatto ma c’è tanto che possiamo ancora fare. Ed inizia guardando video e foto sui social dei mari inquinati, delle tartarughe soffocate dalla plastica, dei pesci che hanno più sapore di PET che di merluzzo e prosegue svegliandoci la mattina guardandoci intorno per capire cosa possiamo cambiare nei piccoli gesti, quali abitudini mediamente importanti possiamo modificare nella nostra routine quotidiana e quali grandi cambiamenti possiamo fare per affrettarci a rimediare agli errori fatti per cui nessuna multa e nessuna pena potrà essere più alta di quella di uno scenario apocalittico in cui i mari saranno impraticabili, gli animali estinti e l’uomo ridotto a vivere in un deserto desolato e arido.

Tornando al rischio di rendere questa nuova consapevolezza antipatica e di smontare l’entusiasmo di chi vuole cambiare le cose (partendo da casa propria), è un problema di atteggiamento e linguaggio secondo me. Alla tv, alla stampa, alla comunicazione, alla politica e ai governi spetta il ruolo di informare, comunicare e legiferare affinché dei limiti a monte vengano imposti (vedi i comuni che stanno bloccato/limitando la vendita di piatti e bicchieri di plastica nei supermercati per spingere le persone ad utilizzare vetro e ceramica a tavola), a noi persone comuni tocca dare il buon esempio e sensibilizzare non armandoci di penna rossa e lente di ingrandimento per bussare a casa di parenti, amici e vicini e analizzare le loro abitudini segnando quelle sbagliate, ma affidandoci ad una comunicazione fluida e pacifica, non perentoria e pedante.

Quello che sta succedendo sui social

Sui social molti condividono video e foto allarmanti di veri e propri disastri ambientali a cui stiamo assistendo, dalla morte di migliaia di pinguini imperatore a causa dello scioglimento dei ghiacciai (di cui l’uomo è responsabile a causa del riscaldamento globale, che non avviene per colpa dell’ambiente ma per come l’uomo lo sta vivendo) e agli oceani di plastica filmati da surfisti di tutto il mondo. Questa è informazione, presumibilmente anche l’essere più spregevole, dopo aver visto un video del genere dovrebbe pensarci due volte prima di gettare una bottiglia di plastica vuota in spiaggia o di mettere a palla l’aria condizionata o i riscaldamenti a casa. Poi c’è l’atteggiamento proattivo di chi fa divulgazione, a volte sono aziende che operano in modo green, altre volte sono persone che vivono quanto più a basso impatto ambientale, dando l’esempio. In entrambi i casi si tratta di un’informazione più personale, più umana, che non si limita alla cronaca e diventa più imitabile a mio avviso.

Il moralizzatore integralista green

La figura che non ti aspetti (o forse sì perché a Sanremo diventano tutti esperti di musica, durante i Mondiali tutti allenatori mancati e con Masterchef tutti cuochi sopraffini) è quella del moralizzatore integralista green. Quello che commenta le Instagram Stories di gente sconosciuta o amici individuando gli oggetti in plastica sullo sfondo, un talento che torna utilissimo per giocare a “Dov’è Wally” sulla settimana enigmistica, ma non tantissimo per sensibilizzare le persone che ad occhio e croce sono consapevoli di avere oggetti di plastica in casa e di averli acquistati e se vuoi sensibilizzarli a fare diversamente, attaccarli e farli sentire colti in castagna non è l’atteggiamento migliore. Stessa cosa quello che ha inziato ad essere più responsabile da 24 ore e deve informare tutti quelli che lo circondano che lui è un esempio, che non comprerà mai più da un dato marchio, che boicotterà una certa azienda. Perché ha l’esigenza di comunicare a qualcuno che ha scoperto ieri che il fast fashion non fa bene all’ambiente o che ha comprato le cannucce di bamboo. Come fosse una gara. Come se effettivamente qualcuno in questo momento fosse nella posizione di poter insegnare agli altri, solo perché ha visto un documentario ho ha iniziato da un paio di settimane ad usare la bottiglia di alluminio e quella di plastica.

Parentesi a parte sulla demonizzazione della plastica, su quanto aspettarsi che sparisca del tutto dai negozi sia quantomeno non realistico, sull’importanza di ridurre quella usa prima di tutto, sul tempo necessario per le persone e le aziende per adeguarsi alle alternative (anche quelle sempre esistite ma d’un tratto scartate) e la gravità della reazione di alcuni soggetti che per vivere green hanno pensato bene di gettare tutti contenitori di plastica comprati dalla vicina rappresentante Tapware negli ultimi cinque anni e di comprare alternative in vetro e bamboo. Sbolognando il problema della gestione dei rifiuti di plastica a chi li troverà nella spazzatura e dovrà valutare se poterli ricilare o meno (perché niente si crea e niente di distrugge, ma pure non tutto è riciclabile).

Il moralizzatore integralista green. Quello che commenta le Instagram Stories di gente sconosciuta o amici individuando gli oggetti in plastica sullo sfondo.

Il rischio di trasformare l’impegno a rispettare l’ambiente nel nuovo “vivere hippy”, in senso dispregiativo, è dietro la porta. Ad aspettare impazienti sono quello che sforzi non vogliono farne, rinunce tantomeno, nè semplici cambiamenti, quelli che reputano il riscaldamento globale una bufala, la raccolta differenziata una rogna e aspettano solo di poter buttare in caciara anche questa tematica. Allora per quanto io apprezzi l’entusiamo e l’interesse di chi vorrebbe insegnare agli altri a vivere green mentre loro stessi lo stanno ancora imparando, il mio umile punto di vista è che “noi persone qualunque” abbiamo un mezzo a disposizone per fare divulgazione, che è internet, che possiamo usarlo per raccontare le nostre piccole scoprte e i cambiamenti che abbiamo fatto, senza lanciare anatemi o ergerci a giudici, che forse così essere ascoltati e ispirare la gente risulterebbe più facile ed efficace.

Io ci provo, prossimamente pubblicherò un articolo in cui vi racconterò le mie piccole scoperte green, anche quelle che applico da tanti anni, da quando ero più piccola, a quando ho iniziato a vivere da sola. E voi, che cambaimenti avete fatto nella vostra quotidianità?

[Photo by rawpixel.com from Pexels.com]

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