Prima di Netflix, prima dello streaming pirata, prima dell’on-demand, siamo cresciute vedendo Brenda innamorarsi di Dylan, e Kelly portarselo via, guardando Joey arrampicarsi fino alla finestra di Dawson, e lui preferire Jen, soffrendo con Carrie quando Big sposava un’altra e Steve tradiva Miranda. Non possiamo dire che non ci avessero avvisate.
Ma ci hanno anche raccontato che esiste una cosa chiamata Serendipity, che chi ti ama viene sotto la tua finestra con un trench addosso ed uno stereo sollevato fra le mani, che ti mette un paio di cuffie (magari non proprio di un walkman) nelle orecchie per ballare insieme a te o ti raggiunge correndo sulla cima dell’Empire State Building. Che prenota un’intera gioielleria Tiffany & Co. per trovare l’anello perfetto per chiederti di sposarlo, che ti dice che lo hai «stregato, corpo e anima».
E quando si è trattato di rapportarci con l’amore, è quell’uomo che abbiamo cercato. Quello dei film, dei libri, delle serie tv, quello che “se qualcuno ha scritto quella scena è perché ha pensato che potesse succedere e allora la voglio anche io”; abbiamo cercato Mr. Darcy (l’ammiraglio, non l’avvocato, ma per carità andava bene pure quello), abbiamo cercato William Thacker in un negozio di libri a Notting Hill, qualcuno che scrivesse su dei fogli, in silenzio, bussando alla nostra porta, “To me, you are perfect” e che ci portasse in giro per Roma a bordo di una Vespa. E così ci siamo complicate la vita. O forse no.
Forse abbiamo guardato paesaggi immaginari e ci siamo viste bene lì, fra un cut e l’altro del nostro film preferito, non aspettandoci da un uomo che comprasse un biglietto aereo solo per inseguirci fino al gate (con le tempistiche dei controlli a Malpensa ed i prezzi delle compagnie aere… non sarebbe fattibile), ma che trovasse la sera prima le parole giuste per chiederci di restare. Che ce lo chiedesse e basta. Abbiamo visto cos’è il romanticismo ed abbiamo imparato ad amarlo, mai più dell’amore stesso, ma sapendo di non volervi rinunciare.
Ed alcune di noi hanno imparato ad apprezzare le sue evoluzioni più semplici: da una portiera della macchina aperta ed una sedia del ristorante scostata per farci sedere, da un post-it trovato la mattina sulla moca pronta sul fornello, alla sveglia che suona sul cellulare, anche se la sera prima siamo crollate sul divano e non abbiamo fatto in tempo ad impostarla, ma ci ha pensato Lui. E poi abbiamo visto le storie che ci circondano, quelle senza regista né copione, quelle dei padri che ci hanno mostrato cosa vuol dire corteggiare una donna anche dopo vent’anni di matrimonio e rispettare tutte le altre: al supermercato facendo passare la signora con solo una confezione di bastoncini di merluzzo fra le mani, chiedendo alla vicina di casa se avesse bisogno di una mano per caricare la spesa in ascensore. Abbiamo visto uomini mostrarci la galanteria e abbiamo fatto di tutto questo tesoro, lo abbiamo eletto ad esempio, con le dovute sfumature, o abbiamo deciso di ignorarlo.
Ci sono altre di noi che hanno invece deciso di credere che “è solo roba da film”, che certi uomini non esistono perché non li hanno incontrati, che chi ha trovato l’uomo giusto è stata fortunata, perché se l’è trovato lì (come beccare un unicorno a 120 in tangenziale). Come se alla tombola di Natale, fra l’ambo e il terno, distribuissero ad estrazione anche gli uomini gentili, romantici, generosi, educati, appassionati, ma loro quel giorno non c’erano e se li sono persi. Come se gli uomini non percepissero, al pari dei cani la paura, la condiscendenza, la remissività. Il non aspettarsi niente o “troppo” per non indispettire, l’accettare solo quel che viene, per non strafare. Come se una relazione fosse un dono (dell’altro), un favore, come se dovessero essere grate perché qualcuno le delizia della sua presenza; come se la gentilezza, il romanticismo, fossero prerogative solo di uno dei due (della donna, naturalmente), una scomoda pretesa da dover soddisfare. Come se mostrare malcontento fosse segno di debolezza. Come se dovessero apprezzare che un uomo le sopporti, le tolleri o semplicemente essere grate di avere qualcuno. Come se fosse “qualcuno” l’obiettivo e non “quello giusto”. Perché “sola mai, meglio insieme”. Anche se è un insieme sbagliato, che non soddisfa, che non fa sentire complete, speciali, che non fa battere il cuore, anche se delude, anche se trascura, anche se mette in un angolo.
Come se non bastasse ammettere a se stesse di meritare l’amore.
Di meritare l’affetto, le attenzioni, il pensiero di un altro. Di meritare un gesto speciale, qualcuno che se ti addormenti sul divano ti imposta la sveglia per il giorno dopo, se torni tardi a casa ti fa trovare la cena. Che ti chiede di chiamarlo quando scendi dal taxi a tarda notte e lui non è lì con te, che ti aspetta sveglio anche se domani si lavora. Che vuole sapere se sei felice, che si accorge di un momento no, che ti accompagna al cinema a vedere quel film anche se preferirebbe vedere l’altro [e altri mille esempi, che possono variare da donna a donna, perché non esistono canoni di “attenzioni” generali che un uomo debba rispettare e che va ricordato che la galanteria si discosta dalle norme di educazione di base, da cui non bisognerebbe prescindere tanto in amore, quanto in amicizia]. Non cedere alla tentazione di risolvere la propria insoddisfazione assecondando l’opinione (di lui), secondo la quale si sta chiedendo troppo e reprimendo, per paura di perderlo, le proprie esigenze. Finendo col perdere se stesse.
È forse accettare di meritare l’amore (quello giusto) e smettere di essere remissive la chiave di tutto?
Come dice la fra iniziale “Accettiamo l’amore che riteniamo di meritare”.
*Nell’introduzione cito scene e personaggi tratti da: Beverly Hills, Dawson’s Creek, Sex and The city, Serendipity, Non per soldi… ma per amore, Il Tempo delle Mele, Insonnia d’amore, 9 Settimane e 1/2, Orgoglio e Pregiudizio, Che pasticcio Bridget Jones.