L’ho scoperta qualche anno fa, ma il timore di non essere capace di abbandonare il digitale, anche solo parzialmente, mi ha frenata. La lomografia mi ha da subito affascinata, per la sua filosofia, quell’improvvisazione ben lontana dalla tecnicità della fotografia digitale che le reflex ci impongono, senza dubbio alla base di tutto c’è quella voglia di catturare gli istanti quasi senza guardare dentro l’obiettivo, provando a cogliere l’essenza di ciò che si sta vivendo. (Qui trovate qualche info storica.)
E io l’ho fatto. Quando il mio fidanzato è partito per Londra, prima che lo raggiungessi ha fatto tappa nel negozio ufficiale Lomoghraphy nella colorata e sempre splendida Carnaby Street ed ha visot lei, la Lomo fish eye bianca e quando l’ho raggiunto, insieme ci siamo recati lì e l’abbiamo acquistata insieme a dei rullini con cui sperimentare. Il risultato è uno dei ricordi fotografici più belli che io abbia mai portato dalla capitale inglese ed oggi continuo ad attingere alla bellezza della fotografia analogica per imprimere attimi sulla pellicola che qualche volta ancora mi riporta alla mente la delusione delle foto delle gite della mia infanzia, quando mio padre portava a casa le foto sviluppate e scoprivo che alcune non erano venute, altre erano orribili o altre ancora mosse e indecifrabili. Ma anche questo è lomo, anche queste è analogico, anche questa è fotografia.