Tempo d’estate, tempo di sole, di granite, gelati e primi bagni…almeno così dice il calendario ma fuori l’estate sembra avere il singhiozzo: viene e va, porta con se un’ondata di caldo improvvisa e poi tira fuori il vento che fa venire la pelle d’oca. Il cielo sembra sempre indeciso e non sai mai cosa mettere (il problema è sempre quello, alla fin fine). Sandali o no? shorts o jeans? porto il copri abito? e finisci con l’avere un auto che somiglia ad un armadio, con decine di opzioni e ricambi per non farti cogliere impreparata.
Se i Maya avevano ragione e la fine del mondo arriverà nel 2012 il mondo si sta divertendo a darci le prime anticipazioni, ma se proprio dobbiamo vivere gli ultimi due anni su questo pianeta che almeno ci consentano di prendere il sole a fine Maggio, fare colazione con granita e brioche e sfoggiare i nostri abitini in chiffon. Seppure il titolo pare introdurre un ragionamento introspettivo che trova le sue fondamenta nella rivelazione del proprio io, quello a cui in realtà mi riferisco è la voglia di scoprire le gambe, le braccia, sentire il tepore del sole sulla pelle e intravedere i primi segni dell’abbronzatura. Capisci che è estate quando sul polso noti il bianco sotto l’orologio e che i raggi del sole stanno facendo il loro dovere, quando le lentiggini fanno capolino dopo cinque mesi d’inverno e sui capelli noti i primi riflessi. La settimana scorsa ho tirato fuori gli shorts e non ho indossato le calze, ho lavorato in riva al mare godendo della brezza marina e il canto degli uccelli e mi sono ripromessa che questo week-end mi sarei rilassata in spiaggia: ma oggi mentre prendevo il sole d’un tratto m’è parso che qualcuno mi facesse ombra e aprendo gli occhi ho scoperto un’ondata di nebbia che imperversava all’orizzonte. Che sia chiaro…qui si aspetta l’estate e si pretende che arrivi. Adesso.